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LO SCONTRO TRA USA E CINA

Cina e Stati uniti ormai da diversi anni si fronteggiano per le tariffe sull’importazione generando un vero e proprio conflitto commerciale che vede coinvolti diversi paesi satelliti di entrambe le potenze economiche.
Ma, con il crescente ruolo dell’economia digitale, si sta delineando una nuova arena della lotta commerciale.

E’ doverosa una precisazione: per economia digitale si intende il sistema di produzione e di scambio basato su tecnologie informatiche. Essa non è limitata solo ad Internet, perché l’economia digitale ha un raggio di azione molto più ampio della Rete. Essa include tutte le diverse tecnologie, sia hardware che software: dai sistemi cloud al mobile, dall’Internet of Things ai Big Data, fino ai social network.


Economia digitale

Essa non è limitata solo ad Internet, perché l’economia digitale ha un raggio di azione molto più ampio della Rete. Essa include tutte le diverse tecnologie, sia hardware che software: dai sistemi cloud al mobile, dall’Internet of Things ai Big Data, fino ai social network.


Cina e Stati uniti ormai da diversi anni si fronteggiano per le tariffe sull’importazione generando un vero e proprio conflitto commerciale che vede coinvolti diversi paesi satelliti di entrambe le potenze economiche.
Ma, con il crescente ruolo dell’economia digitale, si sta delineando una nuova arena della lotta commerciale.
E’ doverosa una precisazione: per economia digitale si intende il sistema di produzione e di scambio basato su tecnologie informatiche. Essa non è limitata solo ad Internet, perché l’economia digitale ha un raggio di azione molto più ampio della Rete. Essa include tutte le diverse tecnologie, sia hardware che software: dai sistemi cloud al mobile, dall’Internet of Things ai Big Data, fino ai social network.

Un elenco esaustivo e aggiornato? Ecco, purtroppo no. E’ già in obsoleto perché nel momento stesso in cui lo leggiamo, altre cose stanno già nascendo ampliando e trasformando lo spazio dell’economia digitale. Quindi ci possiamo rendere conto della complessità e delle implicazioni insite in quella definizione.

Ma torniamo al punto. E’ facile comprendere che la rapida crescita dell’e-commerce, del cloud computing e di altre parti dell’economia digitale sta determinando importanti cambiamenti nell’economia globale. Alle aziende digitali vere e proprie si aggiungono quelle di tutti i settori che stanno incorporando strumenti digitali nei loro modelli di business, quindi il quadro già esteso si amplia ulteriormente. 

Un elenco esaustivo e aggiornato? Ecco, purtroppo no. E’ già in obsoleto perché nel momento stesso in cui lo leggiamo, altre cose stanno già nascendo ampliando e trasformando lo spazio dell’economia digitale. Quindi ci possiamo rendere conto della complessità e delle implicazioni insite in quella definizione.

Ma torniamo al punto. E’ facile comprendere che la rapida crescita dell’e-commerce, del cloud computing e di altre parti dell’economia digitale sta determinando importanti cambiamenti nell’economia globale. Alle aziende digitali vere e proprie si aggiungono quelle di tutti i settori che stanno incorporando strumenti digitali nei loro modelli di business, quindi il quadro già esteso si amplia ulteriormente. 

Lo scenario si complica se si pensa che, mentre esistono regole chiare per il commercio di beni come libri e DVD, non è ancora esplicito cosa accada quando questi beni diventano digitali e si trasmettono oltrepassando le frontiere attraverso piattaforme ad hoc.
Alcuni paesi hanno percepito questa ambiguità come una congiuntura negativa e hanno introdotto politiche che disciplinano i flussi di dati stranieri e l’e-commerce. Tra questi troviamo gli Stati Uniti e con loro un certo numero di nazioni digitali leader, sostenute dal vasto potere di lobbying della Silicon Valley e dei grandi affari.

Su questa linea si trovano la Cina, l’Indonesia e la Nigeria: così facendo questi stati hanno influenzato i modelli business delle principali società digitali globali. La loro iniziativa viene rafforzata durante il World Forum di Davos all’inizio di quest’anno, quando 76 paesi hanno annunciato l’intenzione di avviare negoziati e di regolamentare il commercio digitale.

Questa esigenza di regolamentazione, naturalmente secondo presupposti favorevoli alle rispettive economie, vengono tuttavia comprensibilmente osteggiate dal blocco opposto: da questa parte della barricata si schierano, infatti, un certo numero di paesi emergenti e in via di sviluppo che stanno cercando di resistere a nuove regole considerate come un ulteriore onere aggiuntivo su di loro, con benefici indistinti e, secondo i loro canoni, discutibili.

E’ chiaro che sono due diverse realtà economiche a fronteggiarsi, con differenti modelli di business, diverse prospettive di crescita e di espansione economica.

Per gli Stati Uniti, ad esempio, è stata l’esigenza di grandi aziende digitali come Google, Facebook e Amazon, di espandersi globalmente senza veder ostacolato e rallentato il proprio flusso da regole commerciali spesso complesse, ad accelerare il processo di regolamentazione.

In seguito, con il governo Obama, queste attività hanno contribuito all’emergere dell’“agenda del commercio digitale” in cui le regole commerciali sono divenute cruciali: hanno conferito alle imprese statunitensi in rapida crescita un prevedibile panorama globale, man mano che si espandevano. Questo programma si è sviluppato attraverso una serie di canali, in particolare il Trans-Pacific Partnership (TPP) che il   rappresentante commerciale statunitense, all’epoca, definiva come “l’accordo commerciale Internet più ambizioso e visionario mai tentato”.

Trump, invece, particolarmente attento al supporto delle industrie tradizionali, ha mostrato meno interesse per il commercio digitale e, di conseguenza, non ha favorito il prosieguo dell’attività di regolamentazione già intrapresa precedentemente. 

Le sue scelte economiche hanno favorito il rafforzamento del ruolo di altre importanti economie digitali come quelle di Australia, Giappone e alcuni paesi europei (non dell’Italia che fatica ad avviare una qualsiasi attività di economia digitale…ma questa è un’altra storia, forse…)

Un nuovo imperialismo commerciale reso più volatile dal digitale? Il rischio c’è.

Se, quindi, non tutto il mondo occidentale si muove coeso verso la regolamentazione commerciale, l’opposizione si riscontra anche e soprattutto in paesi in via di sviluppo che ritengono che queste regole non faranno altro che aumentare il divario digitale che esiste già tra mondo sviluppato e quello in via di sviluppo, oltre a creare una concorrenza accanita tra le aziende digitali locali.

La resistenza iniziata e capitanata a suo tempo dall’India e dal gruppo Africa dell’OMC è venuta alla ribalta durante le discussioni sulle nuove regole del commercio digitale dell’Organizzazione mondiale del commercio (OMC) nel 2017.  Tali discussioni ha evidenziato i rischi di imporre le regole dell’OMC sullo sviluppo economico futuro.

In questa occasione la coalizione, ha insistito per la spinta verso nuove regole, spinta che ha portato ad una fase di impasse per l’OMC e all’annullamento di altri impegni programmati per discutere del commercio digitale.

Il successo di questa opposizione si deve anche alla mancanza di un vero e forte consenso nelle principali economie in seno all’OMC, compresa l’UE che si è mostrata titubante, limitando così la possibilità di istituire una forte protezione dei dati online nel continente. 

È verosimile che queste posizioni divergenti causino nuovi conflitti nei prossimi anni. La posta in gioco è alta ed è probabile che gli esiti modifichino la direzione dell’economia globale in futuro.

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